
Lughia Rajosa: l’origine di un misterioso personaggio.
C’è un personaggio nel quale mi sono imbattuta tempo fa e la cui presenza mi rincorre costantemente (o sono io che rincorro lui?).
Un essere atavico che è come mi aspettasse da tempo, in silenzio, e solo ora si presentasse a bussare alla mia porta.
Ma non lo fa apertamente…
D’altronde i misteri da risolvere e il passato non si palesano mai apertamente.
Lasciano indizi, tracce, bricioline di pane.
Mettono alla prova spirito, intelletto e pazienza.
Questo personaggio è come se mi ronzasse intorno, sussurrandomi qualcosa all’orecchio che non riesco a comprendere ma che comunque percepisco.
E’ come se solo con la sua presenza mi chiedesse di fare i conti con il mio passato, ma non con quello mio personale (chi è che non deve farne i conti col suo passato!)… no no!
Piuttosto con il passato con la “P” maiuscola, quello troppo spesso ignorato, occultato e travisato.
Insomma, avrai capito dalla lunga premessa che quella che voglio raccontarti è una ancor più lunga storia.
Così lunga che forse questo post è solo l’introduzione di questa narrazione.
Per iniziare però devo presentarti la sua protagonista, colei che mi affascinato e “costretto” a riprendere un’attività che non svolgevo da tempo: la ricerca.
Perciò credo sia giunto il momento di presentarti Lughia Rajosa e la sua storia.
Ti ricordi, te ne avevo parlato in occasione del post dedicato a un menhir fantasma ad Alà dei Sardi (inserisco link alla fine)?
Adesso invece mi dedico a raccontarti la sua intrigante storia. 🤩
Chi è Lughia Rajosa?
Ho letto tanto su questo personaggio (devo ammettere che la mia libreria si è molto specializzata al riguardo), ma non solo… ho interpellato anche studiosi ed esperti per avere maggiori informazioni e soddisfare la mia curiosità.
Si è scritto tanto su Lughia Rajosa, e qui cerco di fare una sintesi di quanto appreso in questi mesi di ricerca, perché questo personaggio è molto articolato e per certi versi controverso.
Non a caso è una donna! 😉
Per scoprire chi è Lughia Rajosa bisogna mettere le mani (e il naso) nella tradizione sarda.
Leggende e racconti che la vedono protagonista si trovano praticamente ovunque nell’isola.
Cambiano alcuni dettagli, ma la sostanza è pressoché sempre la stessa.
Quasi tutte le leggende raccontano di una donna trasformata in pietra per la sua avarizia.
Una donna, tanti nomi…
Ho già detto che la leggenda di Lughia Rajosa si trova praticamente ovunque in Sardegna, a volte però oltre ad alcuni dettagli della sua storia, cambia anche il suo nome (seppur leggermente).
Quelli con cui è più comunemente indicata sono: Lughia e Luxia (Lucia) oppure Jorgia o Zorza (Giorgia).
Nonostante queste varianti, tutti i suoi nomi sono comunque collegati dalla radice “org“, che starebbe a indicare un luogo umido, boscoso, fertile e fresco.
Oltre ai tanti nomi che la connotano, Lughia può vantare anche moltissimi aggettivi che contribuiscono a definirla (e lo fanno quasi sempre in negativo): Rabbiosa, Raggosa, Radiosa, solo per citarne alcuni.
Una figura arcaica
Tutte queste varietà di nomi e aggettivi, nonché la capillare diffusione della sua leggenda, dimostrano subito una cosa: quanto in passato fosse importante questa figura.
Talmente importante da essere mitica.
E sono proprio i miti e le leggende della tradizione sarda a fornirci maggiori dettagli su questo personaggio a dir poco poliedrico.
Quasi sempre è raccontata come donna avara e cattiva, e per questo motivo punita da Dio.
Spesso la si dipinge come una gigantessa che trasporta enormi pietre sulla testa mentre fila e regge in braccio il proprio figlio.
In alcune di queste leggende è presentata come appartenente alla stirpe dei Gentili, i costruttori dei nuraghi per capirci, e sposata con il gigante Antòi Craccassòi.
A volte è presentata come una strega, una donna indemoniata e alleata con i diavoli.
Più di raro è narrata come una misteriosa donnetta che abita sui monti e compare tra la gente in determinati giorni (o meglio notti) permettendo così i prognostici sul tempo e sulla stagione.
Il mistero di Lughia Rajosa
Come avrai capito da quanto ho scritto fin qui, quella di Lughia Rajosa è sicuramente una figura tanto affascinante quanto misteriosa. 🤩
Stando ad alcune leggende sarde Giorgìa (ricorda che questo è uno dei nomi con cui viene chiamata), maga e gigantessa, si infuriò e successivamente si pietrificò a seguito della perdita dei suoi figli, uccisi a causa di una maledizione.
Questo mito non è un unicum della Sardegna, perché chi conosce la mitologia greca (o ha guardato tutte le puntate di Pollon) si ricorderà di un altro personaggio femminile tramutato in pietra dopo aver perso i suoi amati figli.
Sto parlando di Niobe, madre di sette figli e sette figlie, uccisi dalla dea Latona che lei schernì perché aveva avuto solo due figli: Apollo e Artemide (permalosetta la dea!).
I figli di Niobe furono uccisi proprio per mano di Apollo e Artemide, che lasciarono in vita solo un maschio e una femmina: Cloride e Amicla.
A causa di questa dolorosissima perdita, la mortale Niobe, disperata, si trasformò in un blocco di marmo dal quale scaturì una fonte.
Stando alla tradizione, tale fonte, e quindi Niobe pietrificata, esisterebbe ancora e si troverebbe in Lidia.
Mettendo leggenda sarda e mito greco a confronto le somiglianze sono proprio tante, come ha individuato Claudia Zedda nel suo libro “Creature Fantastiche in Sardegna” (magari te ne parlerò in un altro post): il legame tra donna e acqua; la pietrificazione; il binomio fertilità-maternità.
Quello di Niobe però non è l’unico mito greco che si avvicina alla nostra Lughia Rajosa.
Anche la figura di Demetra, sorella di Zeus e dea del grano e dell’agricoltura, presenta forti analogie con Lughia.
Secondo il mito greco, Demetra, disperata per la perdita della figlia Persefone, rapita da Ade, decise di nascondersi in una buia grotta, per poi pietrificarsi così da non dover mettere più piede sull’Olimpo.
La sua decisione ebbe conseguenze disastrose per l’uomo perché comportò il blocco di qualsiasi attività legata alla Terra: non sbocciarono più fiori e non vennero prodotti più frutti.
Colpita da una fortissima sete di vendetta, Demetra divenne una degli Erinni (personificazioni femminili della vendetta) e per purificarsi dovette immergersi nel fiume Ladone e cambiare il suo nome in (guarda caso) Lusìa.
Colpito dal dolore della sorella, ma anche dalle conseguenze della sua assenza, Zeus in persona ordinò ad Ade di liberare Persefone.
La ragazza però prima di abbandonare il regno dell’oltretomba mangiò ingenuamente della melagrana, frutto proibito e simbolo di morte/rinascita, restando così per sempre legata al marito e all’Ade, dove doveva ritornare ogni anno per per 6 lunghi mesi.
Durante questo periodo in cui Persefone lascia la madre Demetra per andare dal marito, la Terra non produce nulla (inverno); mentre quando fa il suo rientro alla casa materna, la dea permette alla Terra di rifiorire ancora.
Gli antichi spiegavano con questo mito l’alternanza tra le stagioni!
Le analogie tra Lughia Rajosa e la greca Demetra sono veramente tante; il nome cambiato in Lusìa, la pietrificazione, la maternità perduta, infine l’avarizia (Demetra non fa più produrre la Terra).
Notando proprio queste analogie, l’archeologo Giovanni Lilliu è arrivato a intravedere dietro la misteriosa figura di Giorgìa quella ancora più antica della Dea Madre, il cui culto era diffuso in tutto il Mediterraneo (e oltre).
Ma allora Lughia Rajosa chi è veramente?
A fronte di quanto detto sinora e delle analogie tra la tradizione sarda e la mitologia greca (ma ci sarebbero tante altre somiglianze da prendere in considerazione), il problema quando si parla di questa misteriosa figura è solo uno: chi è veramente Lughia/Giorgia?
Chi rappresenta questa figura?
Che ne dici se proviamo a capirlo partendo da ciò che è più certo?
Lughia è un nome il cui significato è sicuramente legato alla luce.
Sappiamo che le fonti naturali di luce sono due: il sole e la luna, entrambi oggetto di culto in tutte le società prima dell’avvento e della diffusione del cristianesimo. ☀️🌕
A questo punto è lecito supporre che, trattandosi di un personaggio femminile, la nostra Lughia/Giorgia fosse plausibilmente in relazione con la luna; fosse solo con una, alcune o tutte le fasi lunari.
E qui dobbiamo fare un salto dalla Grecia all’antica Roma.
Scommetto che inizi a capire perché questo personaggio mi affascina così tanto! 😉
Dicevo che dobbiamo per un attimo porre l’attenzione sull’antica Roma…
Qui la divinità legata alla luna era denominata Diana, mentre in Grecia era chiamata Artemide (si proprio quella che uccise i figli di Niobe).
Anche in Sardegna (ritorniamo da noi) era ben presente e diffuso il culto lunare, come testimoniano i tanti manufatti recuperati e databili dalla prima metà del V millennio a.C. sino alla fine del III millenio a. C.
Alcuni nuraghi, come quello di Su Mulinu a Villanovafranca (segnato come prossima possibile escursione), confermano il perdurare di questo culto anche in età nuragica.
E’ probabile inoltre che, quando Gregorio Magno rimproverava ai sardi di adorare ancora ligna e lapides, si riferisse anche al culto lunare che, quindi, sarebbe giunto vivo e sentito sino all’epoca bizantina, quando inizia a fare la sua comparsa il termine Lughia.
Quindi la nostra Lughìa sarebbe collegata a una divinità antica legata al culto della luna.
Una divinità antica che sarebbe poi stata demonizzata con l’arrivo e il diffondersi, anche in Sardegna, del Cristianesimo (e qui si apre un altro capitolo molto interessante della nostra storia).
Nel mondo prenuragico esisteva una divinità simile che tesseva il telaio, come dimostrerebbero alcuni pesi da telaio che presentano decorazioni con figure antropomorfe.
Questa divinità poteva essere, al pari della luna, prolifera, fertile, gioiosa (fase della luna matura), ma allo stesso tempo poteva essere “arrabbiosa” (furibonda), avara, vecchia e improduttiva (fase della luna calante).
In quest’ultima versione, la nostra Lughìa è legata anche alla fase finale della vita: alla morte intesa come tappa obbligatoria per la rinascita.
Ecco perché la ritroviamo a protezione di sepolture, come garanzia di nuova vita.
Il tema della pietrificazione
Ascoltando la storia (o meglio le storie) di Lughia Rajosa mi ha colpito la costante di ogni versione.
Sto parlando del tema della pietrificazione, cioè del fatto che Lughia, in quasi tutti i racconti, viene tramutata in pietra.
Qui da noi, in Sardegna, la pietrificazione è sempre stata legata a una punizione, e quindi a una colpa.
Nessuno ne è esente.
Dio punisce a prescindere dal ceto e dal ruolo che si riveste nella società.
Di solito si viene pietrificati nel punto esatto in cui si commette la colpa che, quasi sempre, consiste nell’aver disobbedito a un ordine divino.
Il fatto che si venga pietrificati nel luogo stesso del peccato vuole come fermare, a perenne memoria, la colpa e le conseguenze che questo gesto ha comportato.
In questo senso la pietrificazione è da considerare come una punizione istruttiva: anche a distanza di molto tempo tutti ricorderanno come Dio punisce che gli disobbedisce.
I luoghi di Lughia Rajosa
Al tema della pietrificazione va collegato un altro aspetto di Lughia Rajosa che mi ha molto incuriosito.
Sto parlando dei tanti luoghi a lei legati e che portano il suo nome.
Che si tratti di menhir, betili, rocce antropomorfe, domus de janas o nuraghi, questi luoghi sono sempre legati alla figura di Lughia Rajosa e alla sua leggenda.
Ho già parlato del menhir di Alà dei Sardi che mi ha fatto scoprire questo affascinante e misterioso personaggio, ma anche in altri paesi – sparsi per l’isola – si ritrovano luoghi o edifici legati alla figura di Lughia.
A Oliena, ad esempio, è presente il nuraghe “Arrennégula” che vuol dire “Rabbiosa, Collerica”; tra Morgongiori e Pompu esiste un menhir dal singolare nome di “Su furconi ‘e Luxia Arrabbiosa”; vicino a Villaperuccio si trova un menhir noto come Luxia Arrabiosa.
E questi solo per citare pochi esempi.
Concludendo…
Con questo lungo post spero di essere riuscita a spiegarti meglio il personaggio di Lughia Rajosa, la sua storia e il motivo per cui mi ha affascinato.
Spero inoltre di non averti annoiato, anche perché Lughia ritornerà alla grande in futuro.
Diciamo che ormai ha aperto un portone, tanti sono i collegamenti a luoghi e argomenti che la sua figura così misteriosa richiama.
Anzi, se hai notizie al riguardo o vuoi segnalarmi un luogo o una storia a lei collegata, contattami perché non aspetto altro.
Ora ti lascio, che mi sono dilungata abbastanza!
A presto! 😘
Ti suggerisco qualche link…
Pedra de Lughia Rajosa: storia di un menhir fantasma ad Alà dei Sardi.
Leggende sarde al chiaro di luna: la Sardegna attraverso i suoi racconti!


4 Comments
Alessandro
Ciao Giuseppina,
ho letto il tuo articolo dopo aver ascoltato il brano dei Janas “Lughia Radiosa” contenuto nell’album Genna Maia. La canzone parla di Lughia Radiosa, “jana de sa luna”, che, quando cala la notte, discende dalla luna con il suo drago (“una colovra manna cun sas alas”cit.) e prende con sé i bambini a cavallo del drago e su di esso volano ridono e si divertono persino insieme ad alcuni uccelli del bosco, fino al momento in cui si addormentano. Lughia Radiosa è quindi rappresentata come una figura buona, addirittura amata dai bambini. Secondo te e secondo la tua ricerca, ci può essere, tra le diverse legende che hai avuto modo di ascoltare, una correlazione tra questa figura della mitologia sarda e i bambini?
bimboins
Ciao Alessandro,
il tuo commento mi ha fatto molto piacere.
Su Lughia Rajosa e le janas ci sarebbe tantissimo da dire, ma è indubbio che entrambe le figure siano collegate ai bambini in vari modi (a volte sono protettrici a volte rappresentano un grave pericolo).
Per maggiori informazioni al riguardo ti consiglio il libro “Creature Fantastiche in Sardegna” di Claudia Zedda (trovi maggiori info anche in un articolo sul blog dedicato proprio a questo libro).
Ti anticipo anche che presto pubblicherò un post sulle janas e ti invito a seguirmi su Facebook e Instagram perché ho un programma di dirette su questo genere di argomento.
Continua a seguirmi!
Giuseppina
Franca
Ciao. Sono anch’io appassionata dell’archeologia della Sardegna, che mi incuriosisce e mi porta a leggere e visitare i nostri siti nuragici, prenuragici e anomali, come Li muri di Arzachena o Monte d’Accoddi a Sassari.
Ultimamente mi sto appassionando al sito neolitico di Gobeklipete in Turchia, un sito talmente particolare da mettere in discussione tutte le teorie dello sviluppo della civiltà sulla terra. La cosa che mi ha colpito, oltre la datazione, sono alcuni particolari comuni che ritroviamo anche in Sardegna, come le spirali concentriche , le corna di toro, i circoli con i mentir infissi in mezzo, la copertura degli stessi con la terra da farli sembrare collinette, mentir come rappresentazioni falliche. Tu che idea ti sei fatta? È possibile che il mondo neolitico fosse più interconnesso di quanto vogliono farci credere?
bimboins
Ciao, grazie del tuo commento.
Anche io penso che lo studio e l’indagine del nostro passato ci porterà a sfatare, anche nel caso della Preistoria, a sfatare il mito che la nostra Isola fosse isolata dal mondo.
In realtà credo che fossimo, come hai mai detto tu, “interconnessi” con le altre civiltà del Mediterraneo.